Il “nashi”, o “pero asiatico”, è nativo della Cina centrale,
che è attualmente il primo paese produttore, dove è coltivato da oltre 2000
anni ed è chiamato “Li”. A partire dal Settecento la coltivazione si è diffusa
anche in Giappone e Corea, dove era comunque già presente da millenni. Assieme
agli emigranti cinesi arrivò poi negli Stati Uniti durante l’Ottocento. Nel
continente americano è oggi coltivato principalmente in California, anche per
la richiesta che deriva dalla presenza di una numerosa comunità asiatica. Solo
negli anni ottanta la coltivazione del nashi è iniziata anche in Europa,
soprattutto in Francia ed Italia. Una delle ragioni della mancata diffusione
del nashi in Italia ed Europa è probabilmente la carenza d’informazioni che ha
creato incomprensioni ed equivoci nella commercializzazione. Per evitare
confusioni è meglio chiamarlo col nome di “nashi” (che significa pero in
giapponese), poiché identificarlo con la pera può essere fuorviante. Possiamo
considerare il nashi come un “cugino” delle nostre pere: infatti entrambi fanno
parte del genere Pyrus, che raccoglie circa 23 specie. Da un punto di vista
botanico le varietà di pere europee appartengono alla specie Pyrus communis
mentre quelle asiatiche, per la maggioranza, fanno parte della specie Pyrus
pyrifolia (indicato anche come P. serotina). Ma, oltre alla differenza di
sistematica, si tratta in pratica di una tipologia di frutto molto diversa.
Il nashi ha una polpa croccante e succosa che come
consistenza può ricordare più la mela che la pera. Per questo negli USA è
denominato mela-pera, in riferimento anche alla forma tondeggiante. Il sapore
però, a differenza delle mele, manca di acidità e non ha gli aromi tipici delle
pere europee. Possiamo definire il nashi come un frutto dolce e fresco
gradevole e dissetante, ideale per mitigare la calura estiva. Similmente ad
altri frutti esotici, come l’avocado, si può utilizzare il nashi come
ingrediente di antipasti e insalate oltre che macedonie; per questo è chiamato
anche “salad pear”. La forma tipica dei frutti di nashi è generalmente
tondeggiante, un po’ appiattita, simile a quella di numerose varietà di melo
(per questo motivo è chiamato anche “pera-mela”). La polpa è molto croccante e
succosa, ricca di acqua e sali minerali, soprattutto potassio e magnesio.
L’epidermide del nashi è liscia e delicata, tipicamente “punteggiata”, per la
presenza di lenticelle (una sorta di pori) molto evidenti. Per questo nella
commercializzazione viene protetto con imballaggi particolari. In Giappone i
frutti vengono spesso utilizzati come doni, un po’ come fossero dolci o
cioccolatini.
Il nashi è una pianta abbastanza adattabile, sostanzialmente
con poche pretese, che si può coltivare nella maggior parte del territorio
italiano. In pratica vive bene dalle aree dove viene coltivato il pesco, fino a
quelle tipiche del melo. Resiste bene al freddo invernale, mentre può avere
qualche problema (anomalie di fioritura e scarsa fruttificazione) nelle aree
con inverni miti dove non viene soddisfatto il “fabbisogno in freddo” (numero
di ore con temperature inferiori a 7 C°) che per questa specie è medio-elevato.
La fioritura avviene in epoca media (qualche giorno di anticipo rispetto le
pere europee).
Innesto
Il nashi viene solitamente innestato su semenzali di Pyrus
communis, P. pyrifolia o altre specie poiché, a differenza delle pere europee,
non è affine coi portinnesti di cotogno. Su tali portinnesti si ottengono
piante con buona vigoria, adattabili a diverse tipologie di terreno e
abbastanza resistenti alla siccità. Qualche problema di “clorosi”
(ingiallimenti fogliari e scarsa vegetazione) ci può essere nei terreni molto
calcarei o con pH elevato, ai quali si può rimediare con somministrazione di chelati di ferro.
Impollinazione
Le piante iniziano a fiorire e fruttificare fin dai primi
anni d’età, poiché la maggioranza delle varietà fruttifica su rami di un anno.
La produzione è generalmente elevata, a condizione che sia assicurata una
sufficiente impollinazione. Infatti la maggioranza delle varietà di nashi sono autoincompatibili,
cioè per fruttificare regolarmente necessitano della vicinanza di un’altra
varietà il cui polline sia compatibile e possa fecondare i fiori.
Diradamento dei frutti
Le piante di nashi sono solitamente molto produttive, per
questo è spesso necessario intervenire con un adeguato diradamento dei frutti.
Appena terminata l’allegagione, circa un mese dopo la fioritura, è
consigliabile intervenire diradando i singoli corimbi (il “mazzetto” di fiori
tipico delle pomacee, che si forma da ogni gemma) che di solito portano tre
frutti o più. Si dovrà lasciarne uno solo per corimbo, distanziandoli in modo
da avere non più di un frutto ogni 20-30 cm di ramo. Come per altre specie da
frutto eseguire il diradamento dei frutti è importante non solo per incrementare
la crescita di quelli lasciati sulla pianta ma, lo scopo principale, è quello
di evitare che una fruttificazione eccessiva impedisca la formazione di nuove
gemme a fiore per l’anno seguente.
Non sono molte le avversità che possono colpire il nashi; la
principale è sicuramente la carpocapsa, il “baco” che attacca i frutti di tutte
le pomacee.
Varietà consigliate
Essendo una specie coltivata da millenni, almeno nei paesi
d’origine, si conoscono tantissime varietà di nashi, che vengono distinte in due
grandi gruppi secondo il colore dell’epidermide: a frutto giallo-verde, oppure
dorato-bronzato. Tra le tante cultivar ne possiamo consigliarne due, con buone
caratteristiche e facilmente reperibili presso i vivai. Hanno logicamente dei
nomi molto “orientali”: ‘Nijisseiki’ e ‘Hosui’; la prima a frutto giallo e la
seconda bronzato, sono tra loro compatibili e si impollinano a vicenda.